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Si fa presto a dire “prossimità ai clienti”: Seeweb VS Amazon

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Quali sono i valori di un Cloud Provider? Tutela del cliente o risparmio del provider?

 

In una recente intervista, Nicola Previati, Head of AWS per l’Italia, ha dichiarato che uno dei principali motivi che ha spinto Amazon ad aprire una sede in Italia è la valorizzazione dell’asset della vicinanza e della prossimità ai clienti. Tuttavia, la definizione di “prossimità al cliente” di Amazon sembra alquanto discutibile.

Per Seeweb essere vicini al cliente significa guidarlo nelle fasi cruciali di scelta del servizio sulla base delle proprie esigenze, supportarlo fornendogli dei servizi performanti e di qualità e, offrendogli un servizio di assistenza clienti ai massimi livelli a un prezzo accessibile a chiunque.

Seeweb a confronto su Amazon su assistenza tecnica

Essere vicini al cliente vuol dire anche offrirgli la tranquillità e la sicurezza di un servizio affidabile e con livelli di uptime elevatissimi. Lo SLA che forniamo, come abbiamo visto nel dettaglio qualche tempo fa (qui), è sicuramente tra quelli più elevati presenti sul mercato.

Seeweb VS Amazon su SLAE infine, ma non per questo meno importante, essere vicini al cliente significa essergli “vicino logisticamente” ma, a quanto pare, la prossimità geografica sembra non aver ricevuto la dovuta importanza da Amazon . Avete mai sentito parlare della latenza di rete?

La latenza di rete è il tempo che intercorre tra la richiesta di un servizio al sistema e l’effettiva risposta. Considerata la velocità della luce nella fibra ottica che, con buona approssimazione, corrisponde ai 200000 km/s, ovvero un ms per ogni 200 km, se si calcola il percorso unidirezionale tra Milano e Parigi che corrisponde a circa 641 km, la latenza di rete è di 3,2 millesecondi per cui, il tempo di latenza totale tra Milano e Parigi corrisponderebbe a 6,4 millesecondi. Quella della latenza è una cifra molto bassa ma allo stesso tempo importante, che deve essere ottimizzata al meglio.

Amazon al momento non dispone di alcun data center sul nostro territorio, il che implica, per gli utenti italiani, tempi di risposta più alti; alquanto bizzarro per un’azienda che non molto tempo fa dichiarava: “100 millisecondi di ritardo nella risposta equivalgono a una perdita dell’1% del suo fatturato”.

Meno bizzarro se, ragionando in termini di convenienza strettamente economica, si riflette sui costi che comporta portare i datacenter in Italia. Prendiamo i dati di Eurostat: l’energia elettrica in Italia ha un costo medio a livello industriale pari a 0,153 €/kWh contro gli 0,116 €/kWh per l’area euro con uno spread pari al +24,18%. Paesi come Germania, Francia e Spagna presentano tutte prezzi inferiori.

Nonostante quindi, da un punto di vista logistico sia opportuno avere dei datacenter in Italia – specialmente in Lombardia, considerata come la regione migliore per fare cloud – probabilmente Amazon ha seguito questa logica ma i costi più alti dell’energia nel nostro Paese hanno avuto un peso maggiore nel processo decisionale (fonte). La loro decisione può essere spiegata anche dal fatto che all’estero, e più nello specifico in Irlanda, le imposte sul reddito commerciale sono nettamente minori e nel caso irlandese sono del 12,5% per le società residenti nel paese, e del 20% per i non residenti (fonte); contro il 31,4% delle imposte italiane di cui circa il 27,5% di IRES e il 3,9% di IRAP (fonte).

Alla luce di questi dati viene spontaneo chiedersi se nell’avere dei datacenter all’estero, visto il minore impatto dei costi dell’energia elettrica e della tassazione sul provider, ci sia un risparmio effettivo sui prodotti o se, come nel caso di Amazon, i prezzi di prodotti e supporto tecnico specialistico non siano poi così economici.

Non ce ne vorranno i colleghi di Amazon ma ci hanno offerto la possibilità di chiarire alcuni aspetti che spesso sfuggono ai più.

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