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Quella tassa che fa paura alla rete

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Avete mai sentito parlare dell’ITU? Se no, è normale. Del resto è solo  in questi giorni che è uscita alla ribalta, per discutere di riforme che potrebbero rivoluzionare l’uso di Internet e avere dei riflessi importanti sui più piccoli ISP.

ITU sta per International Telecommunication Union. E’ l’agenzia ONU che si occupa di telecomunicazioni e che ultimamente sta valutando di introdurre in rete  il principio della sending party network pays”. Il traffico internet e le email potrebbero essere tariffate, con una tassazione per quei portali e service provider che generano maggiormente traffico a livello mondiale. Per farla breve, a Facebook, Google e tutti i “big” del web verrebbe imposto il pagamento di una Internet fee ma gli effetti potrebbero arrivare fino a portali e blog di successo.

Cosa abbia generato tale proposta è argomento complesso. Quanto alle conseguenze. c’è chi ipotizza che stravolgere la natura libera con la quale Internet si è sviluppata ed evoluta sarebbe devastante,  escluderebbe dalla rete i Paesi in via di sviluppo e impedirebbe l’affacciarsi di nuove realtà imprenditoriali. Vogliono far diventare internet quello che la telefonia è stata negli anni più oscuri dei monopoli.

Intanto già la Germania, ultimamente sulla cresta dell’onda per il suo ruolo in “zona Euro”, potrebbe farsi anticipatrice della tendenza. Ha infatti appena tirato fuori un decreto legge che tassa i motori di ricerca. In pratica, il Bundestag potrebbe approvare la legge per cui Google pagherà una tassa sui contenuti che indicizza nella sua sezione di news. E Google per questo è di pessimo umore.

Staremo a vedere, tenetevi forti; la cosa ci riguarda tutti.

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6 risposte

  1. Questo perchè l’ITU è un organismo che invece di promuovere lo sviluppo lo rallenta, un bell’esempio per capire che questi organismi vanno prima ignorati e poi eliminati 🙂

  2. Prima o poi la Rete sarà a pagamento. E’ strutturalmente necessario. Probabilmente si adotterà un meccanismo a due velocità, una gratis ma lenta e contorta e l’altra a pagamento e un po’ meglio.
    Se questo si tradurrà in servizi migliori saremo contenti. Faccio un esempio: qual è il valore economico dei telefilm qualche mese dopo la loro trasmissione (nelle varie nazioni)? Secondo me, zero. E perché si deve far fatica per scaricarli “illegalmente”, mentre pagando un canone si potrebbe farlo tranquillamente e legalmente? Le indagini di settore mostrano che molti sono di questo avviso.

    1. Eh no Leo, in invece penso che il modello di una rete che si comporti in maniera diversa (anche solo economicamente) a seconda del contenuto sia molto pericoloso, per il futuro della rete, per il business di tutti gli attori che hanno a che fare con la rete, per gli utenti, per le startup (che verrebbero tutte messe nel “ghetto” della “poor man net”) ecc ecc.
      Una cosa pericolosissima assolutamente da evitare.
      Non seguiamo le carampane di Bernabé e soci, cercare di tenere in vita i loro business affaticati non deve mettere a rischio il futuro della comunicazione.

      Guarda questo articolo e soffermati sui rischi e sulle preclusioni di una cosa del genere:

      http://blog.quintarelli.it/blog/2012/09/deutsche-telekom-ci-prova-a-violare-la-net-neutrality.html

      p.s. a me risulta che già si paghi il servizio di accesso alla rete e che già esistano delle differenziazioni a seconda della banda o del traffico che si vuole.

  3. Leo ma che discorso è che prima o poi sarà a pagamento? Tu non paghi l’ADSL? Dimmi che operatore usi visto che hai internt gratis. E pure Google paga il collegamento. Il fatto è che vogliono tassare qualsiasi cosa dove si può prendere soldi.

    Il principio è che io pago per l’accesso…se fanno pagare google pagherò anche per i servizi di Google, sicuro loro non vanno in perdita per questo.
    Quindi penalizzano Internet, i consumatori e lo sviluppo. Per non parlare dell’etica… Sarebbe come tassare chi si ferma in autogrill perchè impegna l’autostrada per più tempo…nonostante abbia già pagato il biglietto per accedere.

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