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Il rumore del Cloud secondo l’artista Diego Caglioni

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Lo scorso mese qualcuno ci ha scritto una mail, si è presentato e ci ha chiesto il permesso di fare delle registrazioni sonore presso i nostri datacenter, in prima battuta quello di Milano.

 

Obiettivo, un lavoro artistico in cui registrare diversi rumori attinti da piu’ datacenter.

Figurarsi se la cosa non poteva piacerci e prima ancora incuriosirci.
Ed ecco che ora il lavoro o almeno parte di esso è già online, e la persona in questione, Diego Caglioni, visual artist bergamasco, ci ha spiegato da dove è nata questa sua idea.

1) Diego, perché registrare i rumori di un datacenter?

«Per la maggior parte delle persone un server è un’entità astratta situata chissà dove, senza una presenza reale che poco ha a che fare con la realtà, se non per il suo scopo: conservare i nostri dati sensibili e preziosi. Voglio dare a tutto questo una connotazione poetica e leggera ma al tempo stesso descrivere un paesaggio sonoro in cui queste “nuvole” bisbigliano tra di loro.
Vi sarete chiesti perché raccogliere proprio dei suoni e non delle foto o un video… In questo caso, dal mio punto di vista, sarebbero stati banali e poco stimolanti. Inoltre il sentire fa sempre parte della nostra vita, più del senso della vista. Una musica o un rumore riescono a scavare in profondità nei nostri ricordi in un modo più immediato e viscerale.»

2) Ascoltando la registrazione è interessante notare come il suono del cloud sia sempre diverso, in particolare verso la fine della registrazione sembra quasi attenuarsi.

«È vero, ho assemblato le diverse tracce registrate, in modo da creare un flusso variabile e, soprattutto, nel momento della registrazione, mi sono spostato all’interno delle stanze per poter descrivere meglio lo spazio, come quando si fa una panoramica per filmare un bel paesaggio.»

3) La tua ricerca artistica si ispira al mondo della tecnologia. Quando nasce in te l’idea che la tecnologia possa essere guardata da un punto di vista artistico?

«Un po’ è dovuto al mio particolare percorso scolastico, ho studiato alcuni anni biotecnologie ad indirizzo informatico ma poi mi sono diplomato all’Accademia di Belle Arti. Tutto è nato dallo scontro di queste diverse realtà. Ma fondamentale è stato il confronto con artisti che già in passato hanno basato la loro ricerca sulla tecnologia, come hanno fatto i pionieri della videoarte o come stanno facendo molti artisti della cosiddetta “arte digitale”.»

4) Hai affermato che l’intento dell’opera è quello di dare al Cloud una connotazione poetica. Perché mettere proprio il Cloud al centro di questa ricerca? E con quale criterio  e scopo realizzi il missaggio?

«La parola Cloud è entrata recentemente nelle nostre vite, ormai tutti offrono servizi basati su questo concetto, volente o nolente la sua efficienza e comodità sarà indispensabile per avere sempre con noi il nostro “zaino virtuale”.

Ora è nello stadio che più mi interessa, ossia quando una parte della tecnologia, che prima era di nicchia, entra nella quotidianità e inizia a cambiarci la vita.»

5) Il tuo messaggio è molto essenziale, sembra quasi che la tecnologia, oggi tendenzialmente “rumorosa”, quasi alienante, si purifichi.  Tu come vivi la tecnologia, non stavolta da artista ma da “user”?

«Sono ovviamente un utente appassionato – a volte fin troppo nerd :p – delle nuove tecnologie e cerco di usarle per quello che sono nate: facilitarci la vita.
In più ho il dovere di essere costantemente aggiornato in quanto, come seconda occupazione, insegno l’uso di questi strumenti incredibili.»

Diego Caglioni, classe 1983, è un artista di Bergamo. Dopo gli studi nel campo delle Biotecnologie, si è diplomato presso l’Accademia delle Belle Arti “G. Carrara” di Bergamo.
La sua arte trae ispirazione dal web e dalla tecnologia, esprimendosi maggiormente tramite video, installazioni e fotografie.
Tra i suoi vari lavori, uno dei più recenti progetti è il  “Garibaldi Map,” con cui Caglioni ha mappato tutti i monumenti di Giuseppe Garibaldi sparsi per il mondo fotografandoli con uno screenshot di Google Street View, ricavandone una vera e propria cartolina postale versione “moderna”.
Preghiera, 2010, foto dell’installazione, courtesy galleria Placentia Arte
Preghiera, 2010, foto dell’installazione, courtesy galleria Placentia Arte
Selfpad, 2011, still da video, courtesy l’artista
Selfpad, 2011, still da video, courtesy l’artista
il rumore del cloud
youtube: time, 2008, still da video, courtesy l’artista

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