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Il postmortem di una startup: una lezione valida per tutti

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Postmortem

Lezioni pratiche per capire da dove puo’ venire un fallimento: e il bello di saper condividere gli errori.

 

Parliamo molto di startup e di casi di successo. Ma i casi di insuccesso? O i fuochi di paglia?

Mi è piaciuto molto un articolo di Brett Martin che racconta con grande lucidità il caso di Sonar, una app mobile su cui si riponevano grandi aspettative e che è passata in breve tempo dal successo al fallimento. Mi piace perché cio’ che scrive si puo’ applicare sempre, e sempre puo’ essere di aiuto.

Scaricata da milioni di persone in tutto il mondo, Sonar è stata promossa da Apple e Google in oltre 100 Paesi, ha vinto numerosi premi come per esempio il TechCrunch Disrupt e il Tech Best Mobile Startup, ha raccolto circa $2,000,000 da importanti investitori e Venture Capitalist, e se ne è parlato su oltre 300 publicazioni inclusi New York Times, CNN, CNBC, TechCrunch, e il TIME.

 

Eppure, abbiamo fallito. ”

Così Martin ci dice che in Sonar “sono state fatte molte cose buone ma anche molte cose cattive”.

 

E penso sia molto bello che abbia voluto condividere con il mondo le cause del fallimento.

 

“Make something people want”, dice Paul Graham. Così si cerca di far coincidere il prodotto con le esigenze del mercato. Nel caso di Sonar, sono partiti con il lanciarlo con il supporto di Facebook, Twitter, e Foursquare. E poi? Poi tutti hanno cominciato a chiedere l’integrazione con Linkedin, racconta Martin, ma accontentarli non è servito.

Il punto è che chi chiedeva non era un utente ma un potenziale utente.

Una delle lezioni imparate quindi è che è rischioso dare retta a chi vorrebbe usare il tuo prodotto solo a patto che abbia la caratteristica x o y. E’ molto più proficuo analizzare le esigenze e il comportamento di chi sta già utilizzando il tuo prodotto.

Oltre agli input dei potenziali fruitori, non dovremmo deconcentrarci nell’ascoltare i numerosi suggerimenti che arrivano da ogni dove. Suggerimenti spesso incongruenti, che possono portare ad aggiungere nuovi tool alla nostra “creazione”, e a spostarci dall’obiettivo. Steve Jobs docet: “Focus is saying no to 1,000 good ideas.”  Piuttosto, concentriamoci nell’individuare quello che non va nel prodotto che già abbiamo, rispondendo alle impressioni degli utenti reali.

 

Postmortem di una startup

Un’altra cosa che secondo Martin puo’ essere fuorviante è cercare di “acchiappare” clienti in giro. Partecipare a incontri e eventi quando ancora hai un sacco di cose da fare. Stringere mani se poi questo comporta trascurare quello che si puo’ fare per far realmente crescere il prodotto. Nel mondo dei social network in particolare, abbiamo il diritto di dire no a qualche incontro e piuttosto pensare a crescere, numericamente proprio, si intende. E questo si fa migliorando la propria app o il proprio progetto, qualcunque esso sia: i MeetUp possono essere utili ma non fanno guadganare download.

Un’altro suggerimento che ci viene da Martin è quello di non cedere alle lusinghe di investitori più o meno di prestigio. Soprattutto se ancora non siamo “a regime” sul mercato, molto probabilmente ci stanno tenendo d’occhio per arrivare al nostro pubblico, invece che aiutarci ad allargarlo… Pensiamo prima a costruirci la nostra audience: una volta fatto verranno da noi, e pagheranno.

 

Poi Martin accenna alla minaccia che possiamo sentirci addosso quando qualche altra startup sembra volerci scavalcare. Sta creando un prodotto simile, e sembra si sitia guadagnando una certa fama? Non cerchiamo di scimmiottarla. Pensiamo al nostro business, e a fare meglio quello che abbiamo per le mani. Correre dietro a qualcun altro nella paura possa superarci ci fa cambiare rotta, e ci fa perdere quello che avevamo costruito.

 
Inoltre, se smettiamo di lavorare sulla nostra app perché veniamo coinvolti in mille, piccoli progetti paralleli, anche qui stiamo sbagliando. Non abbiamo tempo per tutto, andiamo avanti per la nostra strada e non lasciamoci trascinare dalla smania di “prendere” da ogni dove. Prima di farci confondere da eventuali investitori e nuove spinte del mercato, non cerchiamo di vendere. Piuttosto, costruiamo qualcosa di valore. Solo così compreranno!
 

Un’altra cosa molto importante è non biasimare gli altri se si percepisce che ci sono dei problemi. Non bisogna crogiolarsi sugli errori dandone a qualcun altro la responsabilità: se abbiamo problemi con un nostro partner, non ce ne lamentiamo. O risolviamo, o rompiamo. Altrimenti si perde solo tempo.

Ma un partner affidabile non deve essere per forza una persona fisica. Molto più puo’ esserlo la nostra cultura. Far passare bene un messaggio positivo, forte, così che resti anche quando non siamo presenti. Lasciamo la nostra impronta, importante soprattutto se siamo i fondatori della startup: e per farlo dobbiamo prima capire chi siamo. Condividendo questo nostro spirito, e la nostra cultura, con il nostro team.

Martin scrive: le startup non muoiono per motivi economici, ma quando i loro fondatori mollano la presa. Tuttavia scrive di essere grato a tutti i suoi validi collaboratori, perché se anche Sonar ha fatto unire qualcuno, ne è valsa la pena.

E, comunque, ci lascia la sua testimonianza, e chiunque puo’ trarne giovamento: e non solo le startup.

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